È infatti noto che lo stress, così come emozioni negative quali paura e rabbia, possono amplificare i segnali del dolore nel cervello, rendendo più difficile la sua gestione.2 Le disuguaglianze socioeconomiche e le credenze culturali, allo stesso modo, influiscono notevolmente sulla gestione del dolore. Persone con basso status socioeconomico possono non avere accesso a cure sanitarie di qualità, mentre fattori culturali possono ostacolare la ricerca di cure. In alcune culture asiatiche, ad esempio, i bambini sono abituati sin dalla tenera età a resistere e tollerare il dolore, rendendo difficile per i medici valutare la condizione dei pazienti quando sono adulti. In alcuni casi, convinzioni o pregiudizi possono amplificare l’esperienza di dolore o portare al rifiuto di trattamenti che lo alleviano.1
Numerose ricerche hanno evidenziato significative differenze di genere nella percezione del dolore, con le donne più propense rispetto agli uomini a percepirlo o riportarlo. Oltre alle differenze biologiche, fattori psicologici e socioculturali rivestono un ruolo cruciale nel delineare questa discrepanza. Le donne, infatti, tendono a ingigantire i pensieri negativi legati al dolore, fenomeno noto come catastrofizzazione, che può amplificarne la sua percezione. Gli uomini, invece, mostrano una maggiore autoefficacia, ovvero la fiducia nella capacità di gestire il dolore, contribuendo a ridurne la sensibilità. Le credenze culturali sulla femminilità e la mascolinità influenzano anch’esse la percezione del dolore: nelle società dove esprimere il dolore è più accettabile per le donne, queste possono riportare il dolore con maggiore frequenza. Al contrario, gli uomini possono sentirsi meno inclini a segnalare il dolore perché considerato segno di “poca” virilità.4
L’esperienza del dolore cambia notevolmente anche con l’avanzare dell’età. Problemi cognitivi, disturbi del sonno e una limitata rete di supporto sociale, comuni tra gli anziani, possono accentuare il dolore in diverse condizioni patologiche.5
Il modello biopsicosociale del dolore rappresenta un importante progresso nella comprensione e nel trattamento del dolore, permettendo di sviluppare trattamenti più efficaci e personalizzati per migliorare la qualità della vita dei pazienti, soprattutto per patologie caratterizzate da dolore cronico, come mal di testa e mal di schiena, che causano forti disagi e sono difficili da guarire. Valutare i fattori psicosociali e includere una valutazione psicologica può rivelarsi cruciale, in particolare quando le condizioni dolorose peggiorano o diventano croniche, poiché questi fattori influenzano l’accettazione e la sofferenza dell’individuo.1,2,3